lunedì 12 marzo 2012

Miei tre lettori! Ho una notizia sensazionale che sconvolgerà il vostro mondo: ieri sera ho finito di leggere "La principessa di Clèves"!! Non è la notizia più strabiliante che abbiate mai sentito?! Ok, tutto questo saltellare e dimenarmi come una ragazza pon-pon è dovuto al fatto che sono davvero contenta di aver finito questo libro. Leggere per me è un piacere, è una di quelle cose per cui sono grata di essere al mondo, e questo romanzo stava per farmi divorziare dalla carta stampata. Per carità, riconosco che fosse il primo romanzo mai scritto (quanto meno in Occidente); riconosco che non tutti i libri possono piacere a tutti; riconosco che è stato scritto e ambientato in un'epoca diversa dalla mia; e riconosco anche che, tutto sommato, ha i suoi pregi. Però... Sarà che il finale mi ha davvero lasciato l'amaro in bocca, perché tu non puoi imperversare per 145 pagine su quanto 'sti due si amino, continuando a creare occasioni di fraintedimento per far sì che si alternino fasi in cui sono convinti di amare ed essere riamati a momenti di disperazione pura e totale, insistendo su quanto sia violento questo amore (e non ripeterò mai abbastanza che questo amore è basato su nulla all'infuori della loro bellezza), per poi dare un finale del genere! Prima la principessa confessa al marito di essere innamorata di Nemours, poi il principe si sente combattuto tra la gioia di sapere che sua moglie gli è fedele nonostante tutto e la devastazione di rendersi conto di non essere mai riuscito a conquistare il cuore di quella moglie che lui "ama come un'amante" (parole sue; io 'sti nobili continuo a non capirli); poi ci sono due o tre di quelle situazioni fraintendibili; poi il principe esce pazzo di gelosia e il duca va a stalkerare la principessa (la quale difende la propria virtù in maniera encomiabile); infine il principe crede che lei si sia concessa al duca e muore di crepacuore. A questo punto mi sono detta: "Bene, finalmente la principessa e il duca potranno coronare il loro sogno!". E invece no!! Perché la principessa, per il resto della sua breve vita, continuerà a pensare che sarebbe sbagliato sposarsi col duca, sia perché, indirettamente, è a causa di lui che il principe di Clèves è morto, sia perché è convinta che il duca cesserebbe di amarla se la avesse tutta per sé e lei si ritroverebbe cornuta e mazziata. Con queste argomentazioni la principessa rifiuta il duca nell'unica occasione in cui si trovano a parlare da soli e si ritira a una vita austera e monacale (pur senza prendere i voti), soffrendo per un adulterio mai commesso, per un amore mai vissuto e per una vita mai goduta. Certo, non è mai venuta meno ai princìpi dell'onore, del rispetto, della fedeltà e la sua virtù è intatta e senza macchie come quella di un bambino... ma a che prezzo? Era davvero necessario continuare a essere fedele a un marito che ormai non era più di questo mondo? Preservare quella virtù a ogni costo, sempre e comunque, era più importante che provare un po' di gioia fintanto che si è in vita? Se gli scrittori scrivono i romanzi per raccontarci storie a loro dire degne di essere conosciute, perché Madame de La Fayette ha scelto di raccontarci questa storia? Forse voleva mostrare che è possibile condurre una vita integerrima (a costo di sacrificare tutto il resto)? Non c'è un lieto fine. Non c'è un messaggio di speranza. Se la principessa avesse deciso di rifiutare il duca e avesse continuato a vivere con serenità, felice, appagata e in pace col mondo, avrei potuto anche capirla. Ma così mi fa solo tanta, tanta pena... Probabilmente è la storia d'amore più triste che abbia mai sentito - non tiratemi fuori Romeo e Giulietta: loro almeno per un pochino sono stati ebbri d'amore e hanno potuto viverlo, quell'amore! - e spero tanto che il prossimo romanzo classico mi tiri su di morale. Come, volete sapere qual è? Ve lo dico subito: il Don Quijote! Ci rivediamo in Spagna, ¡amigos!

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